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Settembre 2010 |
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| Un segno semplice, distintivo e multifunzionaleSta per aprirsi a Cervarezza, località del Comune di Busana, la prima “porta” del Parco. Ovvero, sta per essere allestita la prima delle strutture che, negli obiettivi dell’Ente, sono destinate a segnare, o meglio a “marcare”, gli ingressi al territorio dell’area protetta e ai suoi luoghi più significativi. Si lavora all’istallazione e si prepara l’inaugurazione del ‘bilite’, l’oggetto che è stato ideato dagli architetti Andrea Bergianti e Francesco Bombardi e il cui disegno è risultato vincente nella gara appositamente bandita dal Parco. Un segno dunque, negli auspici un “marcatore territoriale” unificante, per un’area protetta che, anche in questo modo, cerca di portare ad insieme unitario la grande complessità delle sue geografie – umana, politica ed economica – diverse per ciascuna delle quattro zone che lo compongono. Ma il bilite, che in realtà non è di due pietre, ma di castagno e acciaio, due componenti resistenti nel tempo, non è solo messaggio ‘in sé’, logo di riconoscimento del Parco. La sua semplice struttura è pensata per assolvere a diverse funzioni contemporaneamente: è punto informativo, in quanto parete alla quale addossare i pannelli di comunicazione utili ai visitatori; è luogo di sosta e orientamento per apprezzare la posizione in cui ci si trova e per organizzare la prosecuzione della visita; è piattaforma di osservazione panoramica là dove la collocazione favorisce la dotazione di un grande cannocchiale per l’esplorazione. Quest’ultimo è appunto il caso del bilite di Cervarezza: posto in uno dei luoghi ‘naturali’ di osservazione lungo la statale del Cerreto, esso consente infatti di ammirare una parte grande di questo versante dell’Appennino. Il sito ideale, dunque, per sperimentare la “porta” e per comprendere se davvero il ‘bilite’ potrà, come nei programmi, riproporsi in ogni punto “topico” del Parco. | | Compleanno per il progetto internazionale che studia il grande carnivoroSi sta concludendo il primo anno di attività del progetto internazionale dedicato al miglioramento delle condizioni per la conservazione dei grandi carnivori, al quale partecipa il Parco. Un progetto - finanziato dall’Unione Europea tramite lo strumento finanziario a sostegno delle politiche di conservazione della natura (Life +) – che porta un nome complicato e in inglese ("Improving the conditions for large carnivore conservation - a transfer of best practices - Ex-Tra",) ma che al parco e con i colleghi degli altri enti che vi partecipano – i parchi nazionali italiani del Gran Sasso e dei Monti Sibillini, l’Università romena di Brasov, il Ministero bulgaro dell’Ambiente, l’ong croata Balkani Wildlife Society e quella greca Wildlife and Nature Conservation Society - chiamiamo familiarmente “Extra”. Già in passato, sull’Appennino, il Parco del Gigante e la Regione Emilia Romagna avevano utilizzato le risorse del programma Life per attività di protezione del Lupo. E proprio da quelle esperienze, e dalla volontà di trasferirne e sviluppare le buone pratiche gestionali utilizzate dai diversi partner dei progetti, è maturata l’idea di questo nuovo lavoro. Esso si occupa dunque in generale di grandi carnivori, cioè di Orso e Lupo, ma essendo l’Orso assente dal nostro territorio, va da sé che siamo qui concentrati sulla specie ‘Canis Lupus’, che è tornata ormai da tempo a popolare le nostre valli. E ce ne occupiamo avendo quattro precisi obiettivi: -quello di tenere monitorata la presenza della popolazione di Lupo nel territorio del Parco, per sapere quanti sono gli animali, come si associano in branchi, come e quanto si riproducono e quali sono i luoghi che preferiscono. Usiamo a questo scopo delle tecniche tipiche come lo snow-tracking – cioè l’esame delle tracce sulla neve – in inverno e il wolf-howling – cioè l’ascolto degli ululati – in estate; - quello di conoscere le migliori esperienze di gestione dei problemi che il lupo provoca per farne buon uso nelle aree in cui si è insediato più recentemente, per esempio quelle di collina; - quello di mettere in atto una positiva collaborazione con tutti coloro (pastori, cacciatori, ambientalisti, operatori dell’asl, ecc.) che hanno interesse a scambiare punti di vista, a trovare soluzioni ai problemi generati dal lupo, a sensibilizzare l’opinione pubblica; - quello di applicare i metodi più efficaci di prevenzione dei danni provocati dalla predazione del lupo, offrendo soluzioni e strumenti per ridurre quanto più possibile i conflitti con l’attività di allevamento. Proprio in riferimento a quest’ultimo aspetto, il Parco ha definito un protocollo di collaborazione con le ASL di riferimento per le quattro Province di Massa Carrara, Lucca, Reggio Emilia e Parma. Con l’intesa si vuole garantire una maggiore assistenza agli allevatori colpiti dalla predazione del Lupo e si punta anche a migliorare il livello delle conoscenze in materia. Inoltre, per facilitare la coesistenza del Lupo con l’uomo e le sue attività economiche – che rappresentano un patrimonio di queste montagne, tanto quanto la natura che il Parco è chiamato a conservare - sono stati donati i primi recinti elettrificati anti-lupo per la protezione delle greggi al pascolo e sono state avviate le prime pratiche di indennizzo. Infine, sono stati stretti rapporti di collaborazione con i Parchi confinanti - del Frignano, delle Valli del Cedra e del Parma - e con il Corpo Forestale dello Stato UTB di Lucca, allo scopo di estendere le attività di progetto e i suoi obiettivi ai territori limitrofi al Parco nazionale. | | Con il progetto ‘La scuola nel Parco’ cresce la cittadinanza attivaLa costruzione dell’identità di un soggetto complesso come il Parco nazionale si realizza anche attraverso percorsi che puntano alla formazione e all’educazione dei cittadini, grandi e piccoli, sui temi naturalistici e ambientali. Sono già state e continuano ad essere molte le attività organizzate a questo scopo. Le principali sono dirette a mettere in rete il Parco con le scuole di diverso ordine e provenienza territoriale - e le scuole stesse tra loro - anche al fine di fornire occasioni di conoscenza del territorio, di costruzione del senso di appartenenza e soprattutto di espressione di una cittadinanza attiva del Parco. Tra i progetti in corso di realizzazione spicca quello che va sotto il titolo “La scuola nel Parco”, una iniziativa nata nel 2008 dalla collaborazione tra CCQS (Centro di coordinamento per la qualificazione scolastica) e Parco, formalizzata attraverso una convenzione triennale, avente tra le finalità la valorizzazione delle persone, dei luoghi, delle risorse umane della scuola e del territorio. Partendo dai più piccoli, agendo sull’educazione, l’istruzione e la formazione anche del gruppo docente. Il programma di attività prevede la costruzione di programmazioni didattiche integrate, di durata annuale o biennale, che affrontino il tema dell’educazione ambientale, e in particolare la costruzione della cittadinanza attiva del Parco, attraverso un approccio interdisciplinare, che metta al centro del percorso educativo l’apprendimento attivo del bambino e del ragazzo, il suo essere protagonista del percorso di conoscenza (creatività della scoperta scientifica, costruzione della stessa a partire dall’esperienza diretta dello studente – ricerca azione). Si costruisce a questo scopo una rete tra Parco e docenti, una rete che si alimenta grazie ad incontri periodici nel corso dell’anno scolastico, e con un’attività formativa residenziale, prevista a settembre di ogni anno, riservata al personale docente e ai dirigenti scolastici. Durante questi seminari si svolge un approfondimento dei temi della programmazione e si dà vita ad uno scambio di esperienze e buone pratiche tra le istituzioni scolastiche del Parco. Il seminario di questo settembre, appena conclusosi e frequentato da un centinaio di docenti, ha avuto come argomento, appunto, ‘I luoghi dell’educazione’ e ha potuto avvalersi di una localizzazione speciale quale l’Atelier delle Acque e delle Energie, cioè di una situazione ambientale e culturale particolarmente adatta a stimolare la riflessione sulla funzione educante dei contesti, in particolare di quelli naturali, e sull’utilizzo di laboratori dedicati per l’educazione all’ambiente e alla sostenibilità e per l’affermazione dei valori pedagogici della ricerca, dell’ospitalità e della responsabilità. Il terzo step di questo complesso programma di lavoro ha quest’anno favorito la costituzione di un coordinamento tra i dirigenti scolastici delle scuole del Parco, che intende promuovere percorsi di costruzione dell’identità degli Istituti scolastici in quanto scuole di una montagna che oggi è parco nazionale. Affidare un ruolo attivo nella costruzione della conoscenza del Parco alle Istituzioni scolastiche consente la formazione di un sapere condiviso, di un senso di appartenenza ad un luogo fatto di natura di cui prendersi cura, ma anche di persone. Persone che possono apprendere insieme, attraverso la didattica ecologica, come promuovere pari opportunità e azioni di cooperazione, come valorizzare le differenze e integrare anche le soggettività più deboli. Il tutto scoprendo i concetti di paesaggio e di sviluppo sostenibile nei luoghi della loro vita consueta e quotidiana, della montagna e del Parco nazionale. |
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| In soli due mesi oltre 2500 visitatoriLa prima estate dell’Atelier, cioè la prima prova del fuoco, dopo la corsa per l’allestimento e la bellissima giornata dell’inaugurazione. Una prova che conteneva una triplice verifica: innanzitutto quella della capacità del progetto di attirare l’interesse del ‘pubblico’, poi quella della capacità degli staff del Parco e di Reggio Children di sostenere l’urto sul campo e infine quella della possibilità del laboratorio didattico in quanto tale di corrispondere alle premesse e alle attese dal punto di vista pedagogico. Verifiche ampiamente e positivamente superate. Oltre 2.500 visite in poco più di due mesi testimoniano di una capacità di attrazione che va oltre le aspettative. E che si manifesta già, pur essendo solo la fase di avvio, anche al di là dei confini della provincia di Reggio, delle quattro province del Parco e dell’Emilia Romagna. Soprattutto insegnanti, ma anche molte famiglie con bambini favorite dalla stagione di vacanza e poi gruppi, molti gruppi che si sono organizzati per la visita nei fine settimana o in occasione di iniziative ed eventi particolari preparati dal Parco o da Reggio Children. Ai quali vanno aggiunti i gruppi ‘ufficiali’ di delegazioni di studio, come quelle internazionali dei partecipanti alla Summer School o quella, dei giorni scorsi, degli svedesi del Reggio Emilia Institutet di Stoccolma. I sei educatori-atelieristi, che hanno affrontato a turno il lavoro di accompagnamento all’esperienza didattica, hanno retto bene all’impegno e hanno raccolto un generale apprezzamento non solo per la competenza e la professionalità, doverose per un progetto di così alto contenuto pedagogico, ma anche per l’atteggiamento di grande disponibilità, che conferisce una valenza in più ad una attività che è anche di accoglienza e di connessione con l’ambiente di un parco naturale. Un giudizio, quello generale sul valore dell’attività e sulle capacità di chi la gestisce, che si ricava dalla lettura del quaderno delle valutazioni e dei commenti a disposizione dei visitatori. Un quaderno che già si è colmato di apprezzamenti molto positivi (ne diamo conto in un altro articolo di questa rubrica) e che comunque andrà tenuto d’occhio perché potrà fornire indicazioni utilissime per adeguare il lavoro dell’Atelier e l’organizzazione che gli sta intorno. Perché le prove da affrontare sono ancora molte, ma la partenza è positiva e l’Atelier vi ha già mostrato tutte le sue grandi potenzialità. | | Nasce l’associazione che vuole sostenere il CentroSi è rapidamente e positivamente concretizzata l’idea, nata nella fase di progettazione e allestimento dell’Atelier, di dar vita ad una aggregazione permanente di soggetti interessati al sostegno e alla promozione del Centro didattico di Ligonchio. E’ nata nei giorni scorsi, su iniziativa di 12 soci fondatori del territorio di Ligonchio – operatori economici e turistici, ex insegnanti, semplici cittadini – l’associazione ‘Amici dell’Atelier’ che intende adoperarsi per: - promuovere la conoscenza e la fruizione dell’Atelier da parte della cittadinanza, delle scuole, delle famiglie e di quanti siano interessati a visitarlo; - accogliere al meglio i visitatori dell’Atelier e in particolare tutte le componenti del mondo scolastico; - diffondere nella comunità locale il senso di condivisione del progetto e rafforzare la coesione sociale attorno a questa importante risorsa di un territorio fortemente spopolato e marginale da vari punti di vista. Nei prossimi mesi l’Associazione lavorerà per promuovere progetti ed iniziative sul territorio delle quattro province del Parco affinché si sviluppi ulteriormente il già alto interesse dimostrato da turisti e residenti nei mesi estivi e per far sì che, con l’anno scolastico appena apertosi, proseguano le visite all’Atelier e ai territori limitrofi, con soggiorni possibilmente prolungati, almeno di due giorni. Un altro obiettivo al quale l’associazione intende contribuire è quello della coltivazione della memoria sulla Centrale idroelettrica di Ligonchio e attorno all’influenza determinante che essa ha avuto per l’evoluzione del paese e della sua comunità. Chiunque sia interessato può chiedere informazioni rivolgendosi al Comune di Ligonchio (0522 899121) o alla sede del Parco di Cervarezza (0522 890111). | | Nel ‘registro’ dei commenti la conferma di un successoIn questa sezione della rubrica dedicata all’Atelier, ‘Qui Appennino’ riporterà alcune delle impressioni annotate dai visitatori e che possono essere utili per cogliere, attraverso le riflessioni che la struttura, il suo funzionamento e il disegno a cui risponde generano nei fruitori, i segnali dell’interesse e della motivazione oltre che, se sarà il caso, dello stimolo e della critica. Questa prima raccolta ci dice comunque di un apprezzamento generale, che raggiunge a volte i toni dell’entusiasmo. “Ogni cosa convive armoniosamente: l’edificio e la natura circostante. Ho pensato che in questo luogo l’edificio industriale avrebbe potuto sovrastare la natura e l’Atelier, ma invece....le persone, l’edificio e tutto il resto convivono in armonia, niente esclude il resto. Ciò è impressionaste, stupefacente ..." (Anonimo) “In una società globalizzata, nella quale i cittadini hanno bisogno di essere alfabetizzati sia dal punto di vista scientifico che matematico, il vostro progetto può produrre conoscenza, sapere ed impegno per il nostro futuro di comunità.” (Vicki Bartolini, Professore di Pedagogia Wheaton College, Norton, Massachusetts) "Il divertimento nei movimenti dei bambini riflette tutte le possibilità di coinvolgimento creativo che l’Atelier delle acque può offrire." (Carole Welp, Insegnante) "L’ Atelier è un luogo per le famiglie, per essere felici insieme, dove i genitori possono apprendere attraverso le scoperte dei figli...Ho notato dei bambini anche molto piccoli che riuscivano a concentrarsi anche per lunghi momenti. Maria Montessori dice: “Risolviamo il problema dell’attenzione e avremo risolto il problema dell’educazione. L’Atelier delle acque cattura davvero l’attenzione di tutti quelli che lo visitano." (Anonimo) "Una doppia affascinante valenza: quella della produzione di energia e di bellezza. Vi sono insiti molti significati e molte possibilità di apprendimento... Alla bellezza si sposano benissimo una quantità di motivi per apprendere divertendosi." (Susan Mayers, Insegnante di Arte) "Giulia ci ha raccontato di come la Centrale Enel sia stata difesa dai partigiani durante la guerra. Questa vicenda ha reso questo edificio ancor più bello e speciale. L’Atelier mi ha permesso di capire la “ricca normalità” (di cui parla Reggio Children n.d.r.) ad un livello molto più profondo . L’accogliente ospitalità offerta da Reggio Children e da tutta Ligonchio ci ha abbracciato caldamente e sarà per noi un tesoro di memoria per sempre. Vi ringrazio veramente di cuore." (Anonimo) |
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| Tra essi il Punto info di Manarola, vetrina e servizio insiemeDa due anni ormai lavorano insieme i parchi ‘di mare e d’Appennino’. Parchi che insistono su territori differenziati ma contigui e naturalmente interconnessi e costituiscono un patrimonio naturale, culturale ed economico che chiama ad azioni coordinate e a progetti comuni. Si tratta dei Parchi Nazionali dell'Appenino Tosco-Emiliano e delle Cinque Terre e dei Parchi Regionali delle Alpi Apuane, del Frignano, dei Cento Laghi e di Montemarcello Magra, ai quali si aggiungono, per certe attività, il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi e quello regionale di Migliarino San Rossore. C’è alle spalle un’alleanza stretta in un protocollo d’intesa per la creazione del Sistema di Area Vasta, Ligure-Tosco-Emiliana - che le rispettive Regioni hanno finalmente assunto come proprio - ma soprattutto ci sono già i frutti concreti di una collaborazione che per primo il Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano ha voluto inserire come progetto strategico in testa agli impegni del proprio Piano di Sviluppo Socio Economico, in discussione in questi mesi. Si è partiti con una attività comune di promozione, in alcune fiere di interesse nazionale (Alpi 365 Expo a Torino, la Fiera Campionaria delle qualità italiane a Milano) e internazionali (a Barcellona, per sfruttare un legame che unisce storicamente parchi italiani e catalani). Si è passati ad una più penetrante attività di contatto con il pubblico attraverso la presenza a mostre-mercato di prodotti tipici, come al Festival delle Città Slow di Felina e in città della Riviera ligure. E si è deciso di rendere stabile e ancor più qualificata questa attività in uno spazio d’eccellenza e dedicato, come la Piazza dei Parchi progettata da Cascella e in allestimento a Rometta. Si è infine programmata una attività permanente comune nel settore turistico, senza escludere la possibilità di giungere presto alla costruzione di pacchetti d’area, che facciano leva sulle caratteristiche specifiche di ciascun Parco. Un primo passo in questo senso, già molto significativo e che sta dando risultati concreti, è stata l’installazione di un punto informativo sulla Via dell’Amore alle Cinque Terre, luogo privilegiato di contatto con molte migliaia di turisti ‘consapevoli’, alla ricerca di luoghi meno noti in grado di offrire esperienze autentiche. Una buona parte di essi, delle nazionalità più diverse, ha già direttamente approfittato dei materiali informativi in distribuzione e ha così potuto conoscere il territorio e le proposte turistiche del nostro Parco, soggiornando nei suoi Centri visita. | | Un ‘Paniere’ per valorizzare le produzioni tipiche dell’area vastaUn’unica “vetrina del gusto” per la valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche delle aree protette poste tra Liguria, Emilia e Toscana. La concretizzazione di un’idea che è insieme di tutela e di marketing, nata dal percorso comune avviato con ‘Parchi di Mare e d’Appennino’. Le aree protette di questa area vasta vantano una enorme varietà di prodotti agroalimentari tipici e locali, legati non solo al territorio che li produce, ma anche alle persone che sapientemente li lavorano. Per valorizzare questa incredibile ricchezza e diversità di prodotti esclusivamente di filiera locale, è nato il ‘Paniere dei Parchi’, che promuove giornate dedicate alla presentazione e vendita dei prodotti, attraverso mercati appositamente organizzati o in occasione di selezionate manifestazioni di settore. È quello che è avvenuto ad aprile nei borghi di Riomaggiore, Manarola e Corniglia o a luglio quando il ‘Paniere’ è stato ospite al Festival delle Città Slow a Felina. I visitatori, i turisti e i residenti possono così acquistare direttamente dai piccoli produttori dei Parchi appenninici prodotti di eccelsa qualità e vivere un'esperienza che azzera le distanze tra produttore e consumatore. Inoltre, i prodotti rappresentano veri e propri biglietti da visita del territorio e permettono così di divulgare, insieme alle eccellenze agroalimentari e vitivinicole, anche i luoghi da cui provengono e le storie, le culture e le tradizioni che li caratterizzano. Prodotti e paesaggio in Appennino coincidono, come due facce della stessa medaglia: è il caso delle foraggiere del versante nord che parlano di Parmigiano Reggiano, dei pascoli del crinale con il Pecorino, dell’Alta Garfagnana per il farro e il granturco, dei boschi della Lunigiana per le castagne, delle Alpi Apuane per il lardo, delle terrazze delle Cinque Terre per il vino Sciacchetrà, o dei boschi d’abete per la melata. Sono solo alcune delle produzioni di altissima qualità da degustare sempre pensando ad un luogo, alla sua storia e alla creatività di genti che nei secoli hanno saputo produrre e conservare sapori così singolari. Il Parco dell’Appennino Tosco Emiliano apporta, a questo quadro d’eccellenza, un contributo determinante. Sono infatti complessivamente 64 le produzioni tipiche (tra Dop, Igp, tradizionali, vitivinicole, ecc.), registrate nel territorio delle province che lo compongono. Un dato che rappresenta quasi il 12% di tutte quelle dei parchi nazionali italiani e lo pone al vertice della graduatoria nazionale. Ecco i produttori del nostro Parco nazionale che hanno concorso a formare il ‘Paniere dei Parchi’: Caseificio del Parco, Fattoria nel Parco e Agriturismo Valle dei Cavalieri di Ramiseto; Aziende Le Vigne, Casteldelpiano e Montagna Verde di Licciana Nardi; Il Giardino della Luna, Sergio Malatesta e Azienda Sartori di Bagnone; Azienda Lamoretti di Langhirano; Aziende Renzo Nardi, Barbara Barbieri e Fabio Bertolucci della Lunigiana; Aziende Giorgio Tazzara, Girolamo Davì, Fernanda Capri e la Farmacia Clementi di Fivizzano; Sapori di un Tempo e Azienda Garfagnana Coop di San Romano in Garfagnana; Azienda Pier Paolo Piangeri di Filattiera; Azienda Da Pasquino di Garfagnana; Azienda La Giustrela di Monchio delle Corti; Rifugio Lagdei di Corniglio. |
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| Con ‘Orizzonti Circolari’ rafforzata la rete del Parco nel mondoSi è appena conclusa la seconda edizione di Orizzonti Circolari - Ambasciatori del terzo millennio, progetto sviluppato nell’ambito di Parco nel Mondo, in collaborazione con le Regioni Toscana ed Emilia Romagna e rivolto alle giovani generazioni discendenti degli emigrati che hanno lasciato le quattro Province del Parco e oggi vivono in tutto il mondo. I venti ragazzi selezionati quest’anno per il soggiorno formativo di due settimane alla scoperta della terra dei propri antenati rappresentano sei diverse nazioni: Argentina, Venezuela, Brasile, Cile, Uruguay ed Australia. Dieci di loro sono di origine toscana e dieci emiliano-romagnola e insieme ai partecipanti dello scorso anno saranno Ambasciatori del Parco nelle comunità in cui sono nati: sono infatti rappresentanti della terza e quarta generazione di italiani residenti all’estero e vivono in aree dove la percentuale di discendenti di emigrati italiani è altissima. Uno degli aspetti che vanno sottolineati è che essi esprimono competenze professionali di tutto rispetto, in alcuni casi particolarmente adatte a sviluppare rapporti con il Parco: tra loro ci sono, ad esempio, un architetto, una biologa ed una giornalista, il rappresentante di un consorzio turistico, una maestra di sci alpino ed una fotografa, una guida turistica. I più giovani, che studiano ancora, frequentano facoltà come gastronomia, scienze della comunicazione ed ingegneria. Il compito degli ‘ambasciatori’, una volta rientrati nelle rispettive città di residenza, sarà quello di diventare portavoce dell’Appennino, raccontando e diffondendo l’identità del territorio che tutti hanno sentito nominare dai nonni, ma che non avevano mai conosciuto di persona. Chi di loro era già stato in Italia, infatti, aveva visitato le città maggiori, mete turistiche tradizionali. In questa occasione hanno invece potuto scoprire la vita reale di un’Italia diversa. Sono state due settimane dense di esperienze e di emozioni, trascorse tra escursioni in montagna sul monte Sillara, sulla Pietra di Bismantova e sul monte Ventasso, alternate a lezioni sulla fauna o l’economia, e a spazi dedicati alla storia e alla cultura, come la visita a casa Bertolucci di Casarola o al castello di Canossa, o quelle alle produzioni tipiche del Parmigiano Reggiano e del Prosciutto di Parma. Giornate che hanno lasciato a tutti il ricordo di esperienze forti, oltre ad un nuovo bagaglio di conoscenze che adesso potranno trasmettere alle loro comunità, operando soprattutto nelle associazioni di italiani all’estero di cui fanno parte. Un viaggio intenso, anche dal punto di vista emotivo, soprattutto per chi ha potuto visitare il borgo da cui partirono i familiari, o conoscere i parenti italiani con cui i contatti si erano perduti. Alla fine del periodo sono state consegnate anche proposte di attività future, che verranno sviluppate dai giovani ‘ambasciatori’ in coordinamento con lo staff del Parco, che avrà così nuove opportunità di contatto e maggiore visibilità nelle nazioni di loro residenza. Ecco i nomi dei nuovi Ambasciatori affettivi del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano: Dal Brasile Erika Alberti Grassi, Pedro Andreoli Rezende, Clarisse Boni de Oliveira, Paula Colpo, Monica de Cassia Bonaldi, Samira Freitas Guidi, Meridiey Leite de Melo, Bianca Sassi de Queiroz Pereira. Dall’Argentina Soledad del valle Matula, Rocio Ibarguren Cavalca, Emilio Eduardo Leni, Natalia Mac Intosh, Brunella Piccolo, Maria Florencia Tomaghelli. Dal Venezuela: Antonio Peranzi, Bruno Borsi Mililli e Leonardo Gerulewicz Vannini. Dal Cile Fabiola Venturelli Duch. Dall’Uruguay Sergio Gabrielli. Dall’Australia Jeanette Clabassi. | | E quanto è utile ai cittadini effettiviCome è ormai noto ai più attenti osservatori della vita del nostro Ente, il progetto ‘Parco nel Mondo’ è uno dei progetti che nel Piano di sviluppo economico e sociale vengono definiti ‘strategici’, cioè con caratteristiche tali da poter modificare in modo sostanziale le relazioni del territorio con l’esterno e le sue condizioni socioeconomiche interne. E assume questa caratteristica perché intende puntare su risorse che questo territorio ha direttamente o indirettamente generato, e che devono essere recuperate ad un contributo per le comunità locali. Per ‘Parco nel Mondo’ si dice ‘risorse’ e si intendono persone. Uomini e donne che vivono in tante diverse contrade del pianeta, dove hanno ruoli sociali più o meno rilevanti, ma che hanno qui le loro radici e che già oggi legano, o possono essere interessati a legare, parte della loro attività ad un futuro per i borghi d’origine. Economisti e studiosi di ogni tendenza mettono al primo posto, fra gli elementi di un migliore e duraturo sviluppo, l’investimento nelle risorse umane. ‘Parco nel Mondo’ è esattamente un investimento alla ricerca di risorse umane esistenti e potenzialmente disponibili a lavorare per l’Appennino. Un investimento che già ha cominciato a fruttare, perché ha contribuito a scoprire percorsi di vita che hanno condotto tante persone ad adoperarsi per le proprie comunità, i propri paesi, le proprie montagne. E’ a queste persone – fino ad oggi ne sono state riconosciute ‘ufficialmente’ 169 – che il Parco sta attribuendo la cittadinanza affettiva, cioè il riconoscimento di un impegno onorevole per i centri di origine, comunque produttivo per le comunità, in alcuni casi eccezionalmente benefico per l’intera collettività. E il riconoscimento non è un premio, ma una richiesta a questa cittadinanza, piccola parte della più vasta “cittadinanza affettiva” composta da migliaia di persone in tutto il mondo, di continuare ad essere presenti nella vita dei nostri borghi. Persone che tornano per periodi più o meno lunghi di vacanza; professionisti che mettono a disposizione la propria esperienza per nuove attività; imprenditori che investono una parte dei propri capitali in nuove imprese: questi sono i nostri cittadini affettivi. Solo chi è animato da sterile spirito di polemica o, peggio, non riesce ad immaginare un futuro non ‘assistito’ per le nostre montagne, può contrapporre la cittadinanza affettiva a quella effettiva, rifiutandosi di vedere le grandi potenzialità di un processo del genere. Si tratta in realtà di due cittadinanze attive, complementari, utili alle relazioni sociali e allo sviluppo dell’Appennino. | | Ce ne parla Romeo BrogliaAbbiamo chiesto alcune considerazioni dettate dalla sua esperienza a Romeo Broglia, persona che, soprattutto con il programma ‘Parmensi e Piacentini nel mondo’, ha dedicato molte energie alla costruzione di legami con originari della sua terra. Romeo Broglia, chimico, è stato assessore e vicesindaco del suo comune di Borgotaro. E’ coordinatore delle politiche per l’innovazione tecnologica della Provincia di Parma. Lei afferma che l'emigrazione può essere anche una ricchezza per i territori di origine degli emigranti. Ci può spiegare perché e come? In realtà l'emigrazione è ancora una risorsa per l'intera comunità nazionale, i rapporti che i nostri emigranti intrattengono con l'Italia generano interessi economici stimati attorno a 50 miliardi di euro all'anno. Ma sopratutto rappresenta una grande risorsa per il futuro in un mondo globalizzato. Gli esperti di economia globale ci raccontano ogni giorno che la competitività si gioca a livelli di territori e si fonda sulla quantità e qualità di “reti lunghe“che i territori stessi sono in grado di costruire. Paradossalmente, quindi, i luoghi che in passato hanno visto flussi migratori molto forti oggi possono essere in condizione di vantaggio perché hanno maggiore possibilità di altri di costruire relazioni La “ diaspora “ dell'emigrazione ha seguito un suo percorso definito: coloro che per primi sono partiti hanno provato la lacerazione dell'abbandono del proprio paese, della propria famiglia, del proprio “ nido “ ed hanno vissuto con nostalgia il desiderio del ritorno. I loro figli, la seconda generazione, avevano il problema dell'integrazione ed hanno dovuto cancellare il rapporto con la terra dei loro genitori. Dalla terza generazione in poi c'è la riscoperta delle origini, delle radici. Ma costoro, oggi, sono protagonisti nei paesi dove vivono, sono classe dirigente, siedono nei governi, nei parlamenti, insegnano nelle università, possiedono e dirigono imprese. Questa, oggi, è l'emigrazione italiana su cui costruire rapporti e relazioni.Anche se sembrerà strano oggi l'Italia ha all'estero una immagine positiva legata all'arte, alla moda, alla gastronomia, ad uno stile ed a una modalità del vivere che dall'estero è visto con grande ammirazione ed invidia. Essere di origine italiana, oggi nel mondo, è un valore, un tratto distintivo da esibire nel lavoro e nelle relazioni sociali.Su questo dobbiamo lavorare, sapendo che queste sono relazioni dirette, non mediate da strutture burocratiche in molti paesi inefficienti, in grado di far incontrare interessi veri, concreti che una volta costruiti rimarranno nel tempo e si allargheranno sempre di più. Certamente la sua esperienza diretta e il suo impegno personale l'hanno rafforzata in questa convinzione. Quali sono stati in proposito i momenti più importanti? Sono nato e vivo a Borgo Val di Taro, un paese dell'Appennino parmense da sempre terra di emigrazione. Solo a Londra vive una comunità valtarese numericamente consistente come quella che oggi vive ancora in Val Taro. Nello Statuto del Comune di Borgo Val di Taro si fa riferimento come elemento fondante della comunità anche ai suoi cittadini all'estero. Ma questo non è solo un atto formale. L'intelligenza dei suoi amministratori ha fatto sì che negli anni fosse costruito un rapporto forte con le comunità dei valtaresi in Gran Bretagna e Stati Uniti. Rapporto che ha avuto anche risvolti economici rilevanti. Intorno ai primi anni novanta uno studio statistico sui depositi bancari e postali dei paesi dell'alta valle del Taro e del Ceno rilevava la presenza di circa 1000 miliardi di lire di depositi con forti ricadute nel settore immobiliare ed imprenditoriale. Oggi i tempi sono cambiati ma continuano ad esserci significative iniziative delle comunità all'estero a sostegno dei servizi sanitari e sociali dei loro paese di origine. Il rafforzamento del senso di appartenenza ha permesso di costruire legami forti che, pur con qualche difficoltà, riguardano anche le nuove generazioni che si avvicinano alla storia della loro famiglia con curiosità ed affetto. Quali indicazioni possono venire dal lavoro di “Parmensi e Piacentini nel mondo“ per il progetto “Parco nel mondo“ promosso dal Parco nazionale dell'Appennino? Trovo che il progetto “ Parco nel mondo“ sia una iniziativa molto felice, perchè è rivolta ai giovani e muove da suggestioni e temi, il rapporto con la natura, la sostenibilità, su cui c'è grande attenzione da parte di tutti. Parla di temi di interesse globale e planetario ma partendo dai piccoli paesi, dalle piccole comunità del Parco che rende tutto questo più vero e vivo, in grado di portare con sè emozioni che dureranno tutta la vita. Credo che da qui si possa partire per costruire una rete di relazioni, un network, che va coltivato e fatto crescere con pazienza ed attenzione. E' necessario accompagnare, per quanto possibile, questi ragazzi nel loro percorso di crescita formativa e professionale cercando di favorire il più possibile il rafforzamento del loro legame con l'Italia. Questo vuol dire investire sul futuro, ed è bello pensare che di questo si fanno carico territori e comunità che nel per il senso comune sono marginali e periferici, ma che sono forse più al centro del mondo di tanti altri. |
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