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Febbraio 2011 - n° 3 |
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Una colonna di...investimenti | Attesa la proclamazione delle idee imprenditoriali vincitrici del concorsoC’è attesa per gli esiti del concorso che il Parco, in collaborazione con Confcooperative Reggio Emilia e la Banca di Credito Cooperativo di Cavola e Sassuolo, ha recentemente bandito con lo scopo di promuovere e sostenere nuove idee per l’Appennino Reggiano legate ai temi della green economy e dello sviluppo socio-economico sostenibile. "Una Montagna di Imprese" – così si chiama il concorso – sta per avere i suoi vincitori, che una commissione sta scegliendo tra le 12 idee progettuali candidatesi. Ma è già possibile qualche valutazione, ad esempio sul numero di progetti, che costituiscono un segnale chiaro che in questa porzione di Appennino c’è ancora voglia di fare impresa e che i temi innovativi dell’imprenditoria ‘verde’ sanno stimolare gli interessi sia dei giovani (molte le domande consegnate da gruppi di giovani e giovanissimi) e di imprese già esistenti, volonterose di innovarsi e cogliere le opportunità della green-economy. E’ questa una consapevolezza che il Parco ha maturato nel corso della elaborazione del proprio “Piano Pluriennale Economico e Sociale per la promozione delle attività compatibili (PPES)”, approvato nello scorso dicembre. E, sostenendo l’iniziativa del concorso, esso ha voluto anticipare la concretizzazione di alcuni dei punti cardine del Piano, e ha scelto di favorire, soprattutto con investimenti diretti sulle risorse umane, l’incremento e la qualificazione delle attività socio-economiche. Perché, come ormai è stato più volte sottolineato, la tutela e la conservazione in questo contesto montano sono messe a rischio soprattutto dall’abbandono del territorio e delle sue risorse. Per questa ragione, l’importanza di consolidare e qualificare il legame tra Parco e tessuto economico è stata ritenuta da tutti i promotori del concorso “Una Montagna di imprese” un elemento prioritario anche in sede di valutazione delle idee imprenditoriali, puntando a favorire quelle la cui operatività - o i cui risultati - ricadranno prevalentemente (almeno in una fase iniziale) sul territorio dei Comuni reggiani aderenti al Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, in particolare nelle aree di crinale. Seppur nato in ambito di Appennino reggiano, il concorso ha anche voluto attribuire premialità alle candidature capaci di evidenziare e accrescere le capacità di relazione e di scambio economici/culturali tra i diversi versanti dell’Appennino (Appennino Reggiano, Appennino parmense, Garfagnana, Lunigiana), elemento che risponde anch’esso a una delle priorità operative più stringenti del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Veniamo ora ai ‘premi’. Ai tre vincitori, che verranno annunciati a breve, la Confcooperative Reggio Emilia fornirà servizi di consulenza in fase di start up, con la realizzazione del business plan e del piano finanziario dell’iniziativa; con ricerca di eventuali soci e partner per lo sviluppo dell’idea imprenditoriale, con l’assistenza contabile e giuridica per i primi due anni dall’avvio dell’iniziativa. La Banca di Cavola e Sassuolo ha invece predisposto per i vincitori linee di finanziamento agevolato, per un importo massimo di 20.000 euro con durata massima 36 mesi. Infine il Parco metterà a disposizione dei vincitori i propri strumenti di comunicazione per promuovere start-up e servizi delle imprese e organizzerà incontri con i principali soggetti socio-economici del territorio di riferimento, presentando loro le idee imprenditoriali per verificare e supportare lo sviluppo di potenziali collaborazioni. | Il frontespizio del Piano | Adottato dalla Comunità di Parco passa ora alle Regioni Assemblati gli studi e le indagini, approfondite le riflessioni, portato a termine l’ampio giro di consultazioni, di incontri con associazioni e categorie, di riunioni dei Consigli comunali e di assemblee pubbliche, la Comunità di Parco ha adottato la proposta di Piano economico sociale o, per dirla con la legge, di ‘Piano Pluriennale Economico e Sociale per la promozione delle attività compatibili’. Sempre secondo la legge la proposta prende ora la strada delle Assemblee regionali: sono infatti le Regioni Toscana ed Emilia Romagna a dover dire, tanto singolarmente che attraverso un’intesa, la parola definitiva per l’approvazione dello strumento e la sua entrata in vigore. Il Piano si autodefinisce come risultante di alcuni indirizzi caratterizzanti: la strategicità: in quanto coglie e interpreta le opportunità di sviluppo offerte da un quadro di integrazione competitiva, tanto alla scala locale (con realtà sociali di crescente complessità), che alla scala globale, (che propone sempre nuove domande e sensibilità); la concertazione: in quanto è rivolto a costruire e favorire il consenso e la corresponsabilizzazione di tutti gli attori istituzionali e sociali che operano sul territorio; la modernità: in quanto punta a cogliere le opportunità offerte dalla società della conoscenza e della comunicazione che nei territori montani possono trasformare in punti di forza e competitività l’ambiente e la cultura; l’operatività: poiché affida la sua attuazione ad un insieme di azioni ben definite e dettagliate in termini di fattibilità economica e pratica. Fin dalle premesse il documento, che pure concentra naturalmente e prioritariamente l’obiettivo delle proprie azioni sui territori dell’alto crinale, presenta una visione allargata, che coinvolge l’area vasta dei “Parchi di mare e di Appennino”, propone cioè per l’Alto Appennino una stretta correlazione con i territori che lo circondano e che insieme costituiscono, nell’arco di poche decine di chilometri, un distretto dalla elevata potenzialità nei settori della soft economy, del turismo e delle produzioni tipiche. In questo quadro l’identità agro-silvo- pastorale del territorio e la tutela dell’ambiente costituiscono il centro del sistema socio economico, ma devono essere considerati aspetti non a sé stanti, settori specifici caratterizzati da sole azioni di mantenimento e assistenza, ma trasversali, capaci cioè di orientare tutte le forme di sviluppo. Da questa visione discendono i tre obiettivi principali e urgenti per garantire lo sviluppo socioeconomico del Parco in tempi utili: - l’integrazione delle politiche di sviluppo tradizionali con le opportunità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione e i paradigmi dell’era dell’accesso e della soft-economy;
- la qualificazione del sistema dei servizi di base, in particolare di quelli che offrono occasioni di socialità e socio culturali per frenare l’emorragia di risorse umane;
- la creazione di un sistema integrato di fruizione turistica del Parco basato sulla valorizzazione dei borghi montani e sulla loro interconnessione.
A dare il segno della concretezza del lavoro fatto, e di uno strumento che vuol marcare una discontinuità rispetto alle pratiche pianificatorie usuali, stanno i 105 progetti che costituiscono la ‘banca’ alla quale attingere per realizzare gli obiettivi. Il loro numero è molto cresciuto proprio a seguito del confronto e delle consultazioni, ma sempre conservando il pregio della praticabilità e della possibile operatività immediata. Non per nulla, come spesso sottolineato in questi mesi, una gran parte di essi è già avviata e molti sono ad un buon tratto del percorso, a cominciare dai tre prioritari e strategici - Parco nel Mondo, Atelier delle Acque e delle Energie, Parchi di Mare e di Appennino – e dei quali molti altri costituiscono l’articolazione. Ora, come detto, si passa alla fase della responsabilità delle Regioni, con la fiducia che l’iter possa essere breve e si possa dunque giungere al più presto ad avere il Piano in piena validità, non da ultimo per poter sfruttare i vantaggi e le premialità previsti dalla legge quadro sulle aree protette per gli interventi realizzati all’interno dei perimetri dei parchi naturali |
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Atelieristi al lavoro | Intervista ai realizzatori del progetto L'Atelier Di Onda in Onda è una creazione originale che si innesta però sulla vasta esperienza di Reggio Children e vive della relazione con l'intero complesso di elaborazioni e iniziative del sodalizio reggiano. Abbiamo rivolto alcune domande a chi ha lavorato e sta lavorando per il miglior successo del centro di Ligonchio: con Benedetta Barbantini, che è Coordinatrice del progetto, e Meriaelena Bega, pedagogista, entrambe dell'a Area Ricerca Formazione e Consulenza di Reggio Children, e con Giovanni Piazza, Atelierista consulente di Reggio Children. Innanzitutto è indispensabile una breve premessa sulla funzione degli Atelier nell'esperienza di Reggio Children. L’idea di atelier che appartiene all’esperienza pedagogica dei nidi e delle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia, nasce da un approccio alla conoscenza teso a porre in relazione i linguaggi espressivi dei bambini e degli adulti con i molteplici campi del sapere. L’atelier è un luogo dove i linguaggi espressivi possono alimentare la creatività, in un continuo dialogo tra immaginazione, fantasia e razionalità. Pensiamo, dunque, anche all’’atelier “Di onda in onda” come anima pulsante, dove il cervello, le mani, la razionalità, le emozioni, l’immaginario, lavorano insieme, si intrecciano e si completano, generando nuove conoscenze sul mondo. L'ideazione dell'Atelier 'Di Onda in Onda' è stata condotta con e dentro un Parco naturale. Una novità anche per Reggio Children. Cosa ha comportato per voi? Crediamo che la conoscenza scientifica dei bambini e dei ragazzi nasca anche dall’osservazione spontanea della natura, dalle domande sul mondo, dall’esplorazione e dalla riflessione su ciò che ci circonda. In questo senso la specificità territoriale del Parco, il valore delle sue essenze autoctone, le specie animali viventi, i suoi corsi d’acqua, possono diventare luoghi di incontro e di indagine fortemente intrecciati al contesto della Centrale idroelettrica di Ligonchio. A sua volta la Centrale si presta ad essere il punto di partenza per capire alcuni fenomeni legati all’acqua ed all’energia. L’intento, dunque, è quello di offrire situazioni e condizioni dove possa emergere un nuovo approccio alle scienze, una nuova didattica della scienza, che inviti i bambini, i ragazzi e gli adulti ad interrogarsi, a ricercare e riprovare, a costruire ipotesi provvisorie cercando di verificarle. E' possibile fare un primo bilancio del funzionamento dell'Atelier, dal punto di vista organizzativo e didattico? Ed è già possibile determinare un posizionamento dell'Atelier di Ligonchio nella rete, che è mondiale, della vostra organizzazione? Possiamo esprimere piena soddisfazione per la partecipazione e l’interesse dimostrati sia a livello locale che a livello nazionale ed internazionale. Già la sperimentazione del cosiddetto “Atelier in cantiere” nell’agosto 2009, con un unico prototipo sull’acqua ed un percorso espositivo multimediale, ci restituì risultati molto incoraggianti; poi il 10 luglio scorso abbiamo inaugurato il Campo Base dell’atelier, alla presenza di un gruppo internazionale di ricercatori, educatori e pedagogisti iscritti alla prima Summer School di Reggio Children. Da allora abbiamo registrato la presenza di più di 3000 visitatori. La partecipazione si è concentrata soprattutto nel periodo estivo, durante il quale abbiamo accolto in particolare famiglie e turisti provenienti da diverse parti d’Italia; poi, con l’autunno e con l’avvio del nuovo anno scolastico, sono iniziati incontri con le scuole di ogni ordine e grado, soprattutto provenienti dal territorio della montagna. Nel mese di settembre sono stati accolti diversi gruppi: 30 studiosi del Reggio Emilia Institutet di Stoccolma, un gruppo di 20 giovani ambasciatori del Parco provenienti da diversi Paesi del Mondo (Progetto Parco nel Mondo). Inoltre, per sancire l’avvio del nuovo anno scolastico, Parco e Reggio Children hanno realizzato all’interno dell’atelier, in collaborazione con il CCQS di Castelnovo ne’ Monti, una giornata di formazione rivolta ad 80 insegnanti dal nido fino alla scuola secondaria superiore, in servizio sul territorio del Parco. Ricordiamo anche, nel mese di novembre, la visita del Prof. Nicos Valanides, Professore Associato al Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Cipro e di una delegazione di giornalisti di testate e televisioni di livello nazionale. Per la prossima primavera/estate sono già a calendario diversi appuntamenti quali le visite di altre scuole della provincia e alcune delegazioni del circuito internazionale di Reggio Children. A questi primi successi ha sicuramente contribuito il consolidamento di un gruppo di lavoro stabile di atelieristi/educatori, protagonisti di un percorso formativo con Reggio Children, che sta qualificando sia la loro professionalità che le proposte educative dell’atelier. Il progetto vuole svilupparsi in stretta relazione con il territorio e le sue espressioni sociali e culturali. Quali attese avete a questo proposito? L’immagine di bambino, di ragazzo e di adulto che sosteniamo parte da un’idea positiva di persona capace di porsi in relazione attiva con l’ambiente circostante ed i suoi fenomeni culturali. L’acqua e l’energia sono due elementi che da sempre contraddistinguono la storia del comune di Ligonchio e ne qualificano l’identità. In questo senso il progetto dell’atelier “Di onda in onda” prende forma dal dialogo con il territorio e da esso ne viene ispirato per costruire i temi di ricerca. Proprio in considerazione del forte legame con il contesto storico-culturale e geografico in cui si trova, l’atelier sarà plurimo e differenziato, collocato in alcune aree esterne del Parco e all’interno della Centrale Idroelettrica Enel. Pensiamo ad un unico grande atelier diffuso nel territorio, dove esplorazioni e sperimentazioni esterne ed interne si possono intrecciare ed alimentare tra di loro generando una sensibilità ampia ed ecologica in cui rendere visibile l’idea che l’uomo e il suo habitat sono in costante interazione e modificazione reciproca. |
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Lo stand dei Parchi di Mare e d'Appennino | Messe le basi per una gestione unitaria di straordinarie risorse ambientaliIl futuro dei parchi, così incerto quanto a risorse e considerazione ai diversi livelli di governo, dipende molto dalla capacità che essi avranno di interpretare il loro ruolo e di non separarsi dall’assetto istituzionale più complessivo, del resto anch’esso in tensione. Partendo da una premessa: la parola ‘Parco’ ha ancora, e forse sempre più, una valenza positiva; è una forza dinamica, il capitale fisso di una possibile più alta qualità del vivere. Per l’Italia poi, l’insieme dei parchi regionali e nazionali è un patrimonio importante. Basti riflettere sul fatto che tutti i ‘made in Italy’, vecchi e nuovi, hanno nel territorio e nel paesaggio un indispensabile supporto di appeal. Eppure, se ai più questo elemento non è affatto chiaro, deve esserci una ragione. Che potrebbe stare nella necessità di ripensare e ricollocare le politiche territoriali che i parchi devono progettare, animare e contribuire a realizzare. Insomma, i parchi devono guardarsi in casa e devono farlo insieme ai Comuni, alle Province e alle Regioni, non tanto per chiedere più soldi, quanto per proporsi come agenti di ricerca e sviluppo della complessiva qualità territoriale, ambientale ed economica. In questo senso le ‘politiche di sistema’, introdotte dalla legge 426 nel lontano 1998 e richiamate in numerose leggi regionali, non sono certamente un ‘di più’, ma sono una necessità urgente e inderogabile per rilanciare, nonostante la forte contrazione delle risorse disponibili, i parchi e la concezione che sta alla base della loro creazione. E per superare quella indubbia loro frantumazione che, insieme a una miriade di “buone pratiche”, produce una sensazione di dispersione, se non di pura testimonianza. Del resto, proprio dai Parchi è venuta una spinta ad andare oltre i loro tradizionali mestieri. Dal loro stimolo a fare della conservazione un elemento essenziale della competizione potranno trovare un nuovo protagonismo le Province e i Comuni. Ci sono esperienze d’eccellenza da mettere a frutto, come quella delle Cinque Terre che ha rappresentato e continuerà ad essere – quale che sia l’esito della triste vicenda in corso - uno dei pochi successi nazionali sul fronte della buona gestione territoriale combinata con il marketing territoriale e turistico. Ci sono complementarietà e alleanze territoriali da scoprire e rafforzare. Ci sono confini non amministrativi ma culturali e soprattutto di governo da riscrivere. Acquista alla luce di ciò un grande valore - nazionale, interregionale, locale - l’intesa stipulata tra le tre Regioni Emilia Romagna, Toscana e Liguria che per la prima volta prende in considerazione il territorio tra le province di La Spezia e Pisa, Parma e Modena in quel tratto d’Appennino tra Val Padana e Mediterraneo. Una terra di confine tra due climi, tra storie spesso separate, tra più culture, più cucine, più sapori, più paesaggi, naturali ed umani. A ben guardare: confine tra eccellenze artistiche e alimentari, ambientali e paesistiche, produttive e istituzionali. E con tanti parchi (nel raggio di 70 km, 3 nazionali e 6 regionali) che non sono lì per caso, ognuno con una o più ragioni di essere, tutti d’accordo a lavorare insieme, come hanno essi stessi stabilito già tre anni fa. L’intesa tra le tre Regioni apre una prospettiva molto ampia: quella di un distretto della soft economy (e ora anche di green economy): un nuovo tipo di distretto delle qualità italiane, dove tanti operatori e settori di piccola industria, artigianato, commercio, servizi alla persona, possono sinergicamente rafforzarsi, lanciando decisamente nuovi prodotti e nuovi turismi di vicinato e internazionali. Per far vivere questa prospettiva occorrono idee giovani, approcci innovativi, esperienze solide. Nei Parchi c’è tutto questo e in più c’è entusiasmo unito (ancora, per ora) a snellezza e flessibilità. Nelle Regioni, come l’intesa dimostra, permane una forza che accompagna lungimiranza e saggezza di governo. Nei Comuni e nelle Province ci sono gruppi dirigenti che non possono ignorare la prova e rinunciare alla ricerca di nuove strade per l’affermazione dell’autonomismo e dell’interesse locale. A partire dal contesto previsto dal protocollo delle Regioni, si può tentare di insediare una cabina di regia – o meglio un motore della ricerca e dello sviluppo - non aggiuntivo o sovrapposto rispetto alle politiche territoriali in atto - ma utile ad una loro ridefinizione reciproca e dinamica, per liberare la forza presente in territori ritenuti marginali e ingiustamente sottovalutati. |
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Ambasciatori in radio a Mendoza | Un canale straordinario per i legami del Parco nel mondo.Il progetto Orizzonti Circolari è stato ideato per avvicinare le nuove generazioni dei discendenti di emigrati d’Appennino alla terra d’origine della famiglia, una terra dove, per la maggior parte, i quaranta ragazzi selezionati per partecipare al soggiorno formativo non erano mai stati. Dopo aver vissuto questa forte esperienza, che ha rinvigorito il legame con i luoghi in cui sono radicate la storia e i valori dei loro famigliari, i giovani Ambasciatori Affettivi del Parco hanno cominciato a lavorare per tessere relazioni e far conoscere la realtà dell’Appennino tosco emiliano nelle comunità in cui vivono. Comunità in cui generalmente è molto numerosa la presenza di emigranti originari delle quattro province del nostro crinale montano. Molte le presentazioni organizzate in occasione delle riunioni nelle sedi associative di queste comunità, con il racconto della loro esperienza personale alla scoperta dei luoghi d’origine, ma anche con la descrizione del territorio dell’Appennino così come è oggi, sicuramente diverso rispetto a quando lo lasciarono i loro nonni e bisnonni. Lucas e Ivana Utrera hanno elaborato le immagini fotografiche scattate durante il soggiorno in Appennino componendo un filmato e una presentazione multimediale, che hanno utilizzato in diversi appuntamenti a Cordoba, in Argentina. Ramiro Funes, Natalia Valla e Fabio Leni hanno fatto la stessa cosa a Mendoza, per presentare il Parco nel corso della grande festa della vendemmia che si tiene ogni anno nella loro città. Anche Pilar e Andrea, che vivono a Montevideo in Uruguay, hanno composto ed utilizzato una bella presentazione di immagini per raccontare l’esperienza di Orizzonti Circolari alla loro comunità. Lo stesso hanno fatto a San Paolo del Brasile anche Stefano Pieroni, Roberta Belletti, Keith e Karla Kanasawa, così come Bruno Borsi e Antonio Peranzi poche settimane fa nella sede del Club italo-venezuelano a Barquisimeto, in Venezuela e Bianca Sassi a Niteroi in Brasile. Non sono mancate neppure le opportunità di raccontare l’esperienza di Orizzonti Circolari in emittenti radio ed in reti televisive che hanno ospitato ed intervistato i nostri giovani Ambasciatori: a Mendoza sia i ragazzi dell’edizione 2009 che di quella del 2010 sono stati intervistati da “Radio Cuyo”; a Jacutinga è avvenuta la stessa cosa a “Radio Estancia” per le Ambasciatrici dell’edizione 2010; a Salto in Uruguay Sergio Gabrielli è stato intervistato diverse volte sia in radio che in televisione nella trasmissione “Turismo siglo XXI” e a Barquisimeto Bruno Borsi e Antonio Peranzi hanno avuto questa stessa opportunità nel programma radiofonico “Italia chiama Italia”. Marco Rossi invece ha composto una serie di brevi filmati, che sono stati poi pubblicati su YouTube e sul sito di Parco nel mondo, per raccontare le diverse tappe delle due settimane trascorse alla scoperta dell’Appennino. Roberta Belletti ha scritto numerosi articoli, che sono stati pubblicati sul sito della radio italiana di San Paolo del Brasile e sulla rivista “Oriundi”, così come Monica Bonaldi che ha pubblicato alcuni articoli sulla Gazzetta di Jacutinga, una città del Brasile dove moltissime famiglie, compresa la sua, hanno origine garfagnina. Tutte queste attività, che gli Ambasciatori svolgono nei paesi in cui vivono, sono diffuse, descritte e commentate grazie all’uso di internet. Il sito del progetto Parco nel mondo, ed il profilo “Orizzonti Circolari” su Facebook, si sono rivelati strumenti ideali per l’aggiornamento in tempo reale, oltre che per mantenere uniti e coordinati, anche con lo staff del progetto in Italia, gruppi che lavorano in luoghi tanto lontani. |
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