Il formaggio più famoso in Italia e nel mondo nasce ai piedi dell'Appennino Reggiano e Parmense, ed è la piena espressione di quel paesaggio in cui si alternano prati, pascoli di erba medica e boschi.
Il Parmigiano Reggiano ha una lunga storia, iniziata con tutta probabilità in ambito monastico e nelle tenute aristocratiche: solo la grande proprietà terriera, infatti, poteva disporre della quantità di latte necessaria a produrre una singola forma (che si ottiene oggi con circa 500 litri), considerando il fatto che una vacca medievale produceva circa 3 litri di latte al giorno. Si ha testimonianza certa dell'esistenza di un "formadio" di latte vaccino prodotto sull'Appennino emiliano fin dal XIII secolo; lo citano poi anche Boccaccio, Teofilo Folengo, il Burchiello.
In anni recenti il Parmigiano era ancora lavorato nei "caselli", curiose costruzioni ottagonali o esagonali prive di finestre ma con pareti fatte di un grigliato di mattoni che permetteva la circolazione dell'aria. Al centro dell'unico ambiente, una caldaia di rame a forma di campana rovesciata raccoglieva il latte, che veniva scaldato col fuoco a legna.
Oggi i produttori si sono adeguati alle prescrizioni delle aziende sanitarie, ma le campane, o "caldere", non sono molto diverse da quelle della tradizione: in acciaio con l'interno rivestito di rame, contengono circa 10 quintali di latte, che viene in parte scremato in apposite vasche (la mungitura della sera). In ogni caldera si producono due forme di Parmigiano Reggiano.
Gli ingredienti sono ancora una volta quelli della tradizione: latte crudo, caglio (che è un enzima naturale) e sale; il disciplinare di produzione non ammette additivi di alcun tipo. E, come vuole la tradizione, si pratica il siero-innesto: nella caldera viene aggiunta al latte una piccola percentuale di siero della lavorazione del giorno prima. In questo modo i fermenti responsabili delle qualità organolettiche di questo formaggio vengono tramandati "di forma in forma", di generazione in generazione.
Ma il cammino che il formaggio deve compiere per arrivare alle nostre tavole è ancora lungo. La cagliata, pressata nelle fascere di metallo, viene salata in salamoia per circa 20 giorni, poi stagionata in appositi locali per tempi che oscillano da uno a tre anni.
Oggi il disciplinare della denominazione d'origine limita la zona di produzione alle province di Parma, Reggio, Modena, Bologna (riva sinistra del Reno) e Mantova (riva destra del Po). La qualità del Parmigiano Reggiano dipende infatti da un insieme di fattori legati alle tecniche di produzione, ma soprattutto all'ambiente. E il Parmigiano Reggiano dell'Appennino ha una marcia in più: nasce in un contesto ambientale dove l'impatto delle attività umane è minore e dove il clima, più secco e meno caldo, è migliore che in pianura. La qualità dei foraggi, inoltre, è più alta per la maggiore varietà di specie vegetali che crescono nei prati stabili di montagna; anche il latte prodotto è migliore perché le bovine di montagna sono meno produttive ma il loro latte è più ricco di proteine e grassi. Non si può capire il paesaggio dell'Appennino senza visitare uno dei caseifici o una delle latterie sociali presenti sul territorio: sarà l'occasione per capire come nasce questo grande formaggio e per acquistare direttamente il Parmigiano Reggiano di montagna, senza dimenticare il burro e la ricotta che ne sono il naturale corollario.