di Fausto Giovanelli
Alcuni stolidi ragionieri pubblici e i soliti più accaniti nemici dell'ambiente ci hanno pensato seriamente. Ma non è passata nell'opinione pubblica, nel Parlamento, nel Ministero dell'Ambiente e, infine, anche nel governo, dove pure gli amici dell'ambiente e dei parchi non sono in maggioranza.
35 milioni in più per tutti i parchi nazionali sono davvero poca cosa in economia, ma rappresentano una grande vittoria politica! Cosa è successo? Ha prevalso l'evidenza dei fatti. I parchi hanno un valore - fosse solo anche di immagine - molto superiore al loro costo attuale. I mille conflitti e le mille difficoltà (innanzitutto burocratiche, poi anche culturali, finanziarie, normative e politiche) che incontrano le istituzioni chiamate 'parco' nella attività quotidiana, non hanno scalfito il sapore buono della parola parco e il concetto elementare ed essenziale che la regge: sempre di più servono istituzioni capaci di tutela dell'ambiente, del territorio, del paesaggio…e, in definitiva, di un vivere più naturale e umano. Alla fine, alla resa dei conti, da Nagoya a Roma, alla Sicilia, all'Appennino, il trend dei Parchi è la crescita. Anche in controtendenza con la stagnazione dell'economia e la crisi di altre istituzioni, che appaiono obsolescenti e obsolete.
Quali parchi, in che modo i parchi, dove e con quale governance è discussione aperta. Però, tra i "Made in Italy"e le eccellenze italiane dei prossimi 50 anni, i parchi un posto potranno averlo. E, se non l'avranno, sarà una perdita per l'Italia, per l'Europa e per il mondo.
L'intreccio di natura e cultura, la biodiversità e la diversità paesistica e culturale, le meraviglie della storia dell'uomo e dell'ambiente che si concentrano nei parchi italiani sono un capitale fisso di cultura, un attrattore di risorse umane, un motore di nuove attività e modelli turistici, un editore di tipicità alimentare, un fattore di competitività, che vale cento volte i 50 milioni annui di costi pubblici. Non è una valutazione enfatica. Non è necessario lavorare nei parchi, non è necessario essere ambientalisti, non è necessario essere di sinistra, per condividere questa valutazione: essa è semplicemente una realtà della storia, della geografia e dell'economia del Bel Paese. Per verificarlo, si possono usare indicatori tradizionali come il Pil, o altri più complessi e raffinati, come la valutazione del Capitale Naturale o il sintetico HDI (indicatore di sviluppo umano). Sarebbe interessante chiedere all'ufficio studi della Banca d'Italia un 'panel' di valutazione e un rapporto rigoroso e documentato, fatto di dati, numeri e stime pertinenti, su ambiente, natura, attività economiche, know-how, amministrazione, costi, ricavi, indotto, cultura e mercato.
Poche istituzioni come i parchi esprimono al massimo livello la capacità di essere fattori di conservazione/competizione. Poche istituzioni come i parchi possono chiedere non agli economisti ambientali, ma agli economisti tout court di fare una valutazione costi/benefici, certi di uscirne con un voto alto.