Lirico, romantico, poetico: si sprecano gli aggettivi immaginando il paesaggio d’Appennino quando i boschi sono come accesi e i colori forti o sfumati esaltano la luce tutta particolare dell’Autunno.
Agosto se n’è andato da un pezzo, anche se l’anticilone sembra che non se ne sia accorto. Dopo il frastuono delle vacanze “a tutti i costi”, l’Appennino riprende le fila della propria natura, i ritmi più lenti con le giornate più corte e i colori più morbidi e più caldi.
I paesi d’Appennino riprendono il loro ritmo lento e talora qualche senso di abbandono. Ma i manifesti sui muri dicono che i week-end sono pieni di feste ed eventi come e più che in altra stagione. Da Sologno a Licciana Nardi, da Monchio delle Corti a San Romano in Garfagnana, sono più di sessanta le feste di castagne, funghi, tartufo e vino nuovo. Appuntamenti più o meno tradizionali e strutturati, ma tutti legati dal richiamo che sempre più esercita l'Autunno.
Non c'è più il mare e non c'è ancora la neve. E allora sapori e colori delle nostre valli richiamano un nuovo microturismo, di chi ha voglia di natura, di autenticità, di buona tavola, di atmosfere familiari, di paesaggi non invasi dal cemento, che riposano e offrono emozioni vere e sempre più gradite. E' solo folklore? Voglia di socialità tra amici? Anche questo, certo. Ma perché non vederci qualcosa di più? Per esempio la condizione e l'opportunità per destagionalizzare il turismo in Appennino, ora concentrato nell'estate. L’ambizione è quella di offrire forti motivi di attrazione, una vera e propria stagione turistica.
Il Parco Nazionale, che è anche laboratorio di ricerca e sviluppo per nuovi circuiti di lavoro e d’impresa, vuole sostenere questa tendenza, promuoverla da 'folklore' a economia. Non è un progetto astratto. Illusorio e astratto sarebbe pensare che dalla crisi generale del manifatturiero e dei consumi, e dall'antica difficoltà dell'Alto Appennino, si possa uscire insistendo sulle vie tradizionali. Difendere i filoni tradizionali, sostenere e puntellare quel che c'era e c'è, non basta. Davanti alla crisi bisogna anche investire in nuovi beni, dare corpo a nuove idee, puntando sulle vocazioni e le eccellenze del territorio, che tali sono e saranno per un lungo periodo. Il turismo, o meglio i 'nuovi turismi', sono una di queste opportunità. Hanno un duplice valore: si aggiungono ai flussi tradizionali, ma lo fanno in una stagione debole, cioè fino ad ora disertata. I nuovi turismi, distribuiti nei periodi meno frequentati, possono davvero essere più sostenibili e anche sostenere, a loro volta, il tessuto civile, commerciale e culturale del territorio di crinale, proponendosi come una componente rilevante della cosiddetta 'green economy'.
Si tratta dunque di far incontrare una domanda che, come ci dicono le rilevazioni, è in rapida crescita in conseguenza dei mutamenti delle abitudini e degli interessi – abbreviazione dei periodi di vacanza, uso dei fine settimana, voglia di natura e tipicità, per esempio – con un’offerta che, come abbiamo visto, si sta arricchendo ma che ha bisogno di essere organizzata, strutturata e professionalmente qualificata.
E' quanto il Parco si propone di fare, collaborando strettamente con le Comunità Montane, i GAL e diversi Comuni sui due versanti.
L’iniziativa ‘Autunno d’Appennino’ trova una sua complementarietà bene con la rassegna ‘Menu a Km Zero’ che coinvolge 32 ristoranti dei 16 comuni del Parco delle province di Reggio Emilia, Lucca, Parma e Massa Carrara, esteso nell’edizione 2011 dei 13 Comuni aderenti alla Comunità Montana dell’Appennino Reggiano. La rassegna è in collaborazione con la Coldiretti. Sollecitando l’opinione pubblica, facendo convergere i diversi programmi culturali e turistici in pacchetti d’offerte opportunamente costruiti, potremo sfruttare una potenzialità finora solo parzialmente esplorata dall’Appennino e fare dell’Autunno non solo un tempo di appuntamenti e folklore, ma sempre più una vera nuova stagione turistica.