Cari amici,
il 16 ottobre scadono i termini per la presentazione di uno o più progetti di filiera radicati nelle latterie d’Appennino, che possono sostenere e innovare (le 2 azioni sono inscindibili) l’agricoltura del Parmigiano Reggiano in montagna.
A questo fine, il Parco nazionale è disponibile a confrontarsi, anche per essere partner – nei limiti dei propri mezzi – di progetti che rendano il Parmigiano Reggiano di montagna più forte sul mercato, proprio perché espresso da un territorio di qualità. I progetti di filiera sono un nodo decisivo, perché è proprio nella struttura della filiera, cioè nella debolezza dei produttori rispetto ai grossisti e alla grande distribuzione, “il tallone di Achille” di un comparto che sappiamo essere di grande valore e addirittura di eccellenza.
Se si vuole risollevare il reddito per la produzione del territorio bisogna cambiare i rapporti di forza all’interno della filiera di produzione e vendita. Se questo è anche il vostro obiettivo, potete considerare il Parco nazionale un alleato permanente e fedele. Conservare foraggere, stalle, latterie, punti vendita, risorse umane e servizi territoriali legati al Parmigiano Reggiano, fino alle quote alte dell’Appennino, è certamente uno dei compiti del Parco. “Il grido di dolore” da voi lanciato lunedì scorso a Castelnovo Monti deve essere colto al di là dei confini del mondo agricolo, da banche, imprese di altri settori e istituzioni, perché in Appennino, il Parmigiano Reggiano non è, come è altrove, un” comparto” importante dell’economia, ma è l’identità per eccellenza, l’essenza della storia , dei saperi materiali e del paesaggio.
Per questo è prima di tutto nelle vostre mani, ma anche nella responsabilità di tutti saper reagire a una situazione che non è una delle ricorrenti “crisi del Grana”, ma un passaggio che mette a rischio la sopravvivenza stessa dell’economia del Parmigiano Reggiano in montagna e che richiede anche un salto di qualità delle imprese. Oggi dare ossigeno alle aziende in difficoltà che vogliono continuare non è assistenzialismo, ma imprescindibile e strategica necessità del territorio. Altrettanto imprescindibile, però, è legare i finanziamenti ad azioni capaci di dare identificazione e radicamento territoriale al prodotto e alla sua commercializzazione. Rispetto a decenni di rinuncia dei produttori ad assumere i rischi della commercializzazione, quella che si deve fare è una rivoluzione difficile ma necessaria e, ritengo – dopo avervi ascoltato lunedì al teatro Bismantova – del tutto matura. Per questo ribadisco che il Parco è disponibile a essere tra i partner di ogni progetto che vada in questa direzione, impegnando tutta la volontà possibile per questa sfida che consideriamo, al tempo stesso, sfida di conservazione, innovazione e competitività dell’Appennino.
Fausto Giovanelli