- Partenza: Fonti di Poiano (410 m)
- Arrivo: Fonti di Poiano (410 m)
- Tempo di percorrenza: 4 ore
- Difficoltà: T - Turistico
- Dislivello: 440 m
- Quota massima: 804 m
- Periodo consigliato: da marzo a maggio, da settembre a novembre
- Località attraversate: Fonti di Poiano - Poiano - Sologno - Ca' Rabacchi - Fonti di Poiano
- Comuni interessati: Villa Minozzo
Le grandi doline, i castagneti secolari, i resti delle fornaci da calce, gli imbocchi delle grotte percorse da torrenti sotterranei, e lo sbocco di tali acque in grosse polle risorgenti: un po’ tutte le caratteristiche del sistema carsico nei gessi triassici sono condensate in questo itinerario. In più un borgo di grande interesse storico e ambientale, Sologno. Si conclude l’escursione lungo una pista lungo l’alveo recentemente asfaltata dopo molte discussioni, e sistemata con soste didattiche e accorgimenti naturalistici.
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Le Fonti di Poiano sgorgano sul fondovalle del Secchia in 5 bocche principali e altre 4 secondarie, disposte ad anfiteatro, con una portata dai 400 ai 900 litri al secondo, una temperatura attorno ai 10° e caratteristiche salso-solfato-alcaline. La particolare portata delle fonti, simile a un vero e proprio torrente sotterraneo che qui emerge in superficie è dovuta alla circolazione carsica delle acque dei bacini del Lùcola e del Rio di Sologno, che a contatto con le evaporiti ne vengono inghiottite, e dopo un più o meno lungo corso sotterraneo incontrano strati impermeabili che le costringono all’emersione. Ma intanto anche a profondità insospettate nella formazione triassica si sono arricchite di solfati e cloruri. Le acque si riuniscono in una zona umida, fino all’ultima guerra fiancheggiata da un mulino che ne sfruttava l’energia. Recenti studi hanno scoperto dai documenti storici che le fonti iniziassero a sgorgare dove sono oggi solo all’inizio del XVII sec: prima le acque sotterranee fuoriuscivano forse nel bacino del Lùcola. Ora sul lato opposto della piana si trova un bar trattoria, e poco distante il parcheggio: lo si raggiunge dal ponte di S. Bartolomeo presso la Gatta scendendo sulla strada d’alveo percorrendola per 2 km. Vi si giunge anche da sud sulla stessa pista dal ponte del Pianello o da Minozzo per il paese di Poiano.
Dal parcheggio sulla fondovalle si raggiunge il bar-trattoria delle fonti di Poiano 410 m, da cui si imbocca il sentiero che aggira la conca verso E, attraversando su ponticelli i vari rami sorgentizi delle fonti. Al termine delle varie sorgenti il sentiero si divide subito prima di scendere sulla strada asfaltata: si sale a destra iniziando a salire tra siepi e bosco, fino a sfiorare una casa isolata. Si prosegue sullo stradello che sale ancora. Ad una curva (tabella venatoria gialla) si può seguire a destra un ripido sentiero nel bosco che abbrevia la strada più lunga, seguendo l’antica mulattiera che collegava il paese al mulino. Sbucando presso la strada, si sale ancora a destra lungo la mulattiera che tra bosco e siepi sbuca poi presso edifici rurali e infine esce di nuovo sulla strada asfaltata: a sinistra si entra nel borgo di Poiano (eventuale deviazione), che fu importante castello matildico, poi dei Fogliani, espugnato dai reggiani nel 1199, e recentemente roccaforte partigiana durante la guerra di liberazione (la chiesa divenne durante la guerra un rifugio sicuro per ricercati e partigiani sotto la guida del parroco don Domenico Orlandini), mentre a destra si sale in breve al cimitero di Poiano 577 m (0.30).
Una breve digressione consigliata vivamente: dal cimitero si scende per una carraia sulla sinistra di esso, che scende tra siepi, fino ad affacciarsi con uno spuntone a mo’ di belvedere sulla sottostante piana delle fonti: siamo sul poggio denominato Castellaccio, dove sorgeva il castello medievale di Poiano sulle emergenze gessose che dominano la valle del Secchia. Infatti divenne durante la guerra di Liberazione un postazione partigiana per tenere sotto tiro il ponte stradale della Gatta e un lungo tratto dell’alveo del Secchia: se ne notano le piccole trincee e lo scavo per accogliere persone, armi e le piccole artiglierie paracadutate dagli alleati.
Dal cimitero superiamo l’edicola votiva eretta dopo l’epidemia di colera del 1886 e seguiamo la strada in salita, passando al di sopra del borgo di Poiano. Si aggira il colle su cui sorge la borgata Villa, poi si passa sul versante Secchia, e tornando sul crinale poco dopo, si volta a destra ad un bivio 635 m 613746E-4915477N, lungo una carraia che sale in dir. W verso la costa del Groppo. Lasciate le deviazioni a destra e a sinistra (ora secondarie ma un tempo importanti mulattiere tra i paesi e i castagneti che tuttora rivestono il rilievo). Da ora il castagno è il sovrano d tutta questa salita lungo le pendici carsiche del Monte Cafaggio. A volte ci si affaccia sul profondo versante del Secchia, rivestito anch’esso di castagni, altre volte si costeggiano grani doline, depressioni carsiche, spesso coltivate o tenute a bosco nei loro versanti più ripidi. La prima la contorniamo sul lato N pochi minuti dopo il bivio, a quota 732 m, e dopo altri 5’ di salita una dolina più grande la notiamo sempre sulla sinistra. Un’altra salita e stavolta ne lambiamo una terza a destra più piccola, a 809 m di quota. Ora la carraia procede in pari costeggiando l’altopiano della Pianellina, procedendo verso SW. Poco dopo un’altra dolina la vediamo a destra a 804 m, poi si inizia a ridiscendere e gradualmente si entra in un paesaggio di campi delimitati da siepi, fino a quando qualche baracca e qualche orto ci fa sentire ormai vicino il paese di Sologno. Poco prima però, a destra presso un bivio si trova la ricostruzione di una fornace (o Fornello) per la calce, come veniva preparata prima dell’accensione del fuoco, che doveva bruciare anche per 12 giorni.
La prima borgata del paese che attraversiamo nella via interna alle case è La Villa 742 m (edifici dei secoli XVII – XIX con cortili, aie, portali e sottopassi caratteristici), cui segue dopo il campo sportivo un crocicchio (a destra inizia via Campo Croce) con tabellone con carta dei sentieri cura della Pro-loco di Sologno sul crinale tra le valli del Lùcola e del Rio di Sologno. Qui si dovrà tornare per proseguire, dopo aver eventualmente visitato il resto del paese di Sologno 748 m che prosegue verso sud (1.50-2.20).
Allungato su una costa che divide le valli di due affluenti del Secchia (Lùcola e Rio di Sologno), si compone del borgo del Castello, il più alto, un nucleo più basso con la chiesa di S. Martino, e La Villa, ai piedi del M. Cafaggio, ancora più a nord. La sua storia fu legata al castello di Piolo e alla famiglia Dallo dapprima e ai Fogliani poi, finchè non si diede agli Estensi nel 1427, sotto i quali rimase aggregato alla Podesteria di Minozzo. La posizione intermedia tra il Monte Prampa e i gessi triassici ne fanno uno dei borghi privilegiati per un turismo naturalistico, che il nuovo Parco nazionale dovrebbe incentivare. Il paese tutto si è così attivato, dapprima trasformando la vecchia scuola elementare da anni vuota in ostello, poi chiedendo l’inclusione del borgo nel Parco nazionale, che era stato circoscritto alle pendici più acclivi e dei rilievi gessosi. Parimenti si era chiesta l’agibilità al turismo della pista di fondovalle del Secchia anche come accesso ai borghi in destra del fiume, realizzata nel 2004. La nuova sistemazione del centro, con percorso didattico sulla storia e l’ambiente, la valorizzazione dei sentieri circostanti (mappe scaricabili dal sito www.sologno.it), la riproposizione di carbonaie e fornaci di un tempo, le sagre paesane intese a valorizzare la storia e i prodotti, e persino un abete fossilizzato ritrovato nella vicina frana valgono a sperare in un futuro che l’emigrazione dei giovani e la riduzione delle occupazioni tradizionali oscuravano.
Tornati al crocicchio all’inizio della Villa, scendiamo a sinistra (sulla destra del tabellone dei sentieri) lungo una carraia che scende verso la valletta del Rio di Sologno, girando a destra verso N. Tutto indica che si tratta di un percorso antico e importante, ruderi di fornaci da calce, tratti selciati, carreggiata ben scavata nelle rocce tenere delle evaporiti, con affioramenti biancastri di gessi e anidriti. Superato il poggio Cannareto si percorre un lungo tratto a mezza costa, e di fronte a metà del M. Carù si intravede l’oratorio di S. Venerio, raggiungibile al paese di Carù.
Il culto di S. Venerio si diffuse nel Medioevo a partire forse da un eremita leggendario, le cui reliquie furono traslate con grandi cerimonie da Luni a Reggio attorno all’ 835, per farle sfuggire alle scorrerie saracene, e tuttora venerato sui due versanti appenninici, tra il reggiano (è patrono di Reggiolo, alla sua estremità più lontana dai monti) e il golfo della Spezia. Qui è infatti oggetto di grande culto tra la Pieve di Migliarina e i ruderi del Monastero sull’isola del Tino (ove sarebbero le spoglie), che per l’occasione viene aperta dal Demanio militare al pubblico ogni 13 settembre. Tale giorno anche al nostro oratorio era festa e processione, ma da molti anni si celebra a Carù, per la relativa scomodità del sito.
Di fronte alla bianca parete del M. Rosso si aggira una costa e si scende decisamente in una valletta laterale, che si discende tra castagneti fino a sbucare sul pianoro del paleoalveo al nucleo rurale in abbandono di Ca’ Rabacchi 476 m 611592E-4915619N (0.40-3.00).
Il vasto campo che circonda le case non è altro che un terrazzo ghiaioso sopraelevato sull’attuale alveo, di cui costituisce un precursore: infatti il corso del fiume si sta approfondendo, fenomeno naturale , ma accentuato negli ultimi decenni per le escavazioni di ghiaie a valle.
Dalle case si segue la carraia di destra (segnavia SSP del Sentiero Spallanzani), che entra nel castagneto che riveste il resto del pianoro, che va via via restringendosi verso E. Dopo circa 100 m e subito oltre il più grosso tronco di castagno secolare si individua un sentierino che si stacca sulla destra: lo seguiamo per una breve deviazione, serpeggiando in salita tra i castagni ceduati, fino a raggiungere una grande dolina: siamo l’ingresso spettacolare del Tanone Grande della Gacciolina 484 m 611978E-415621N (0.10-3.10).
Si tratta di una delle più importanti grotte dell’area, una delle prime esplorate. Il crollo della parete esterna di un torrente sotterraneo ne ha messo in luce un accesso. E’ infatti stata creata da un corso d’acqua sotterraneo che intercetta il flusso del Rio di Sologno e serpeggia sotto il M. Cafaggio, per alimentare poi varie risorgenti tra cui quelle di Poiano. La cavità esplorata si avvicina ai 600 m con un dislivello modesto, ma è assolutamente pericoloso inoltrarsi senza l’assistenza di esperti speleologi (peraltro disponibili per gruppi o scuole, e per corsi che si organizzano per introdurre a questa interessante disciplina esplorativa, vedi nei numeri utili).. Scendendo nella dolina si nota subito l’inversione termica, l’abbassamento di temperatura e l’aumento di umidità che permette una vegetazione differente che sul bordo: compaiono felci, licheni, arbusti e alberi tipici di un clima più freddo e umido, e anche la fioritura delle specie all’interno della dolina è ritardata di settimane rispetto a quelle esterne ad essa. Non conviene procedere fin sotto alle pareti per pericolo di crolli, e si torna alla carraia principale.
Tornati sulla carraia nel castagneto la si percorre ancora pochi minuti verso destra (dir. E), ma al primo bivio a sinistra (segnavia) si imbocca un sentiero in discesa, aggirando un rudere di metato a sinistra (diritto si giungerebbe ad un altro bel metato purtroppo lasciato rovinare in pochi anni), che in breve esce sulla strada per Castelnovo all’imbocco meridionale del ponte del Pianello 444 m (0.10-3.20).
Si volta a destra e subito ancora a destra sulla pista di fondovalle recentemente sistemata, che costeggiando l’alveo del Secchia riconduce in poco meno di 3 km alle Fonti di Poiano (0.40-4.00).
Per quanto si possa contestare un tratto così lungo a piedi su un’arteria aperta al traffico, questa è una strada, anzi pista per dirla con la burocrazia, sperimentale, per diversi motivi. Già costruita da due decenni come sterrato per l’asportazione di ghiaie dall’alveo, pratica ora interdetta dagli strumenti urbanistici, la pista è stata ricostruita dopo l’ingresso dei gessi triassici nel perimetro del Parco nazionale, sotto pressione degli enti pubblici e di comitati locali, ma osteggiata da molte altre associazioni e comitati. Decisa la sistemazione su progetto della Provincia di Reggio, la pista è stata difesa dall’erosione facilmente prevedibile da parte di piene del Secchia, attrezzata con parcheggi “didattici” con esposizione di pannelli esplicativi e reperti inerenti gli aspetti naturalistici e ambientali dell’area. Poiché sono comunque molte le persone che percorrono a piedi, di corsa, in bici o su ski-roll la pista (o prendono il sole sull’alveo vicino durante l’estate), sarebbe auspicabile porre limiti di velocità più bassi e attrezzare una sede protetta ciclopedonale, anche stante la larghezza di oltre 8 m della sede stradale (gli autocarri sono comunque banditi sopra le 11 t).